Viviamo un torbido periodo di rivolgimenti sociali e insicurezze ideologiche: le idee, bene rifugio di chi ha sempre rifuggito la fallacia del mondo, sono traballanti, apparendo come oro divenuto piombo, con un processo di trasmutazione inversa.
Il sol dell'avvenire, tramontando, ha fatto sprofondare il Mondo in un crepuscolo (degli idoli?) dagli incerti colori e dal più incerto divenire; le magnifiche sorti e progressive di un'Umanità sazia e stanca hanno dato il passo a desideri pruriginosi di scalata all'infinito, che sa più che altro di caduta nel baratro. Le torri di BABELE, eterno esempio della ricerca continua dell'Uomo di nuovi limiti, grazie alla capacità dello stesso, non crollano più miseramente al suolo, vanificando i suoi tentativi e riportandolo all'amara realtà della sua natura limitata, ma proiettandosi verso il cielo, hanno superato le nuvole, meta impalpabile ed evanescente, impedendogli di vedere quella Terra a cui non dovrebbe mai dimenticarsi di essere ancorato.
L'Uomo o è finito o non è! E ogni volta che ha tentato di non esserlo, ha puntualmente pagato il fio di questa tracotanza. Attaccare la Natura, di cui è figlio eletto, lo condanna inesorabilmente a esserne asservito con maggior violenza, riducendolo a misero schiavo. La conoscenza, svincolata dalla virtù, non ci rende dissimili da quei bruti come i quali a viver non fummo fatti.
La crisi economica è solo l'epifenomeno di una crisi più profonda, che investe il mondo valoriale tutto. L'aspetto materiale è solo quello più percepibile dai nostri (fallaci) sensi: non è vero che non ci sono più soldi per reggere questo Mondo; non ci sono più ideali per giustificarlo. I vecchi sono stati sostituiti e i nuovi sono già superati. Nel mondo dell'usa e getta anche i pensieri hanno il valore delle cose. Nel mondo della relatività solo il dubbio è l'unica certezza. E neanche il “cogito ergo sum” rimane come ancora di sicurezza.
E se fossimo solo dei figuranti di un dramma senza nome, tragedia mai scritta e mai rappresentata in cerca vita vera?
Ombre di un sogno fuggente...
Scritto da Ἀδάμας Mέλας (Adàmas Mèlas)
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